Una notte dell’anno 1961, oppure una sera tardi dopo cena, insomma, sicuramente ad un orario poco consono per le chiamate, in casa dei miei nonni, si sentì il telefono squillare. Con sorpresa, mia nonna alzò la cornetta, rispose ed ebbe la seguente conversazione:
- ¿Oigo?
- Por favor, ¿con el arquitecto Salvador F.?
- ¿De parte?
- De El Che. Usted està hablando con El Che.
- …
- …
- (coprendo la cornetta, a voce alta a mio nonno) Caaaaachu, un comemierda que dice ser El Che quiere hablar contigo.1
Mio nonno Salvador, non ancora trentenne si stupì molto, sia per l’orario della telefonata, sia per il presunto chiamante e, molto dubbioso, si avvicinò alla poltroncina che stava accanto al tavolino su cui poggiava il telefono e rispose. Non appena sentì la voce parlare dall’altro capo della linea telefonica però non ebbe più dubbi e da fervente rivoluzionario quale era al tempo, sull’orlo di un attacco di cuore, scattò in piedi mettendosi sull’attenti, e rispose: “Comandante!”
La persona che mia nonna aveva pensato essere un deficiente qualunque pronto a burlarsi di un povero architetto sostenitore della rivoluzione, era in realtà veramente Ernesto Che Guevara.
In quell’anno, mio nonno si era da poco laureato in architettura e stava iniziando la sua carriera lavorativa. In quello stesso anno venne creato a Cuba il Ministero dell’Industria, per farsi carico di tutte quelle attività produttive (come quella saccarifera) che il nuovo governo voleva nazionalizzare in seguito al trionfo della rivoluzione e a capo di quel ministero venne messo niente meno che Ernesto Guevara, detto El Che, il famoso rivoluzionario argentino che faceva parte del Movimiento 26 de Julio e aveva combattuto al fianco dei cubani e dei Castro durante il colpo di stato contro Batista. Fra i primi lavori di cui il giovane architetto Salvador si occupò, per l’appunto, ci fu l’ampliamento di quelli che adesso sono gli uffici del Ministero degli Interni, el MININT, in Plaza de la Revoluciòn a La Habana, che originariamente furono la sede lavorativa de El Che. Se le mie informazioni sono giuste infatti, quegli uffici vennero dedicati agli Interni solo in un secondo momento, mentre prima sarebbero stati dedicati proprio al Ministero dell’Industria, la cui sede è stata in questo edificio dal 1961 al 1967. Sono facili da riconoscere ancora oggi e sono un soggetto fotografico molto apprezzato perché si trovano proprio dietro la gigantesca silhouette nera del volto di Che Guevara che sovrasta gran parte dell’edificio, posta lì proprio in ricordo della sede occupata dall’argentino durante il suo incarico di ministro.
Dal momento in cui in questo edificio si sarebbero trovati i suoi uffici, El Che finì per prendere la direzione di quella parte di lavori e, forse in seguito alla telefonata, anche della squadra di nonno Salvador, composta da altre 9 persone. Di quel periodo con El Che Guevara come capo, mio nonno racconta che la sua squadra di lavoro alla fine operò con una certa indipendenza e rispondendo solo alle indicazioni dirette di Guevara, che riponeva fiducia in loro e li stimolava a lavorare con grande entusiasmo. Il giovane Salvador entrò a diretto contatto con lui principalmente in due occasioni e una di queste, a dir la verità, fu per risolvere un disguido sull’utilizzo di certi apparecchi per l’aria condizionata. Il caldo e l’umidità dell’isola più grande dei Caraibi non lasciano scampo a nessuno, pertanto non stupisce se, quando Salvador e la sua squadra di lavoro si imbatterono in due condizionatori lasciati inutilizzati, ne furono molto felici e pensarono di installarli nell’ufficio prefabbricato che avevano provvisoriamente tirato su in un cortile annesso al cantiere proprio per poter dirigere i lavori direttamente da lì. Quel prefabbricato divenne il loro ufficio, da cui curavano tutto il lavoro amministrativo o creativo che fosse. A quanto pare però la scelta di installare i condizionatori non fu ben vista da Guevara, che durante una conferenza per il personale del ministero criticò la cosa. Forse concedersi l’aria condizionata era stato considerato un privilegio di troppo? Nonostante la piena libertà decisionale e lavorativa che gli veniva lasciata, mio nonno racconta che venne tanto infastidito dalla cosa che lasciò l’aula prima ancora che El Che finisse di parlare. Per risarcire la ferita inferta da questa critica, fu necessario chiarire perché la squadra di Salvador avesse l’accesso all’aria condizionata (forse il resto del personale non l’aveva e di conseguenza le condizioni di tutti i lavoratori non erano eque?) e spiegare che i condizionatori non erano stati sottratti a nessuno e solo a quel punto si poté continuare ad utilizzarli con il beneplacito dell’argentino. Quando qualcuno chiede a mio nonno che tipo fosse il rivoluzionario passato alla storia, lui risponde sempre che ha il ricordo di una persona molto seria, e talvolta seriosa.
Quanto a quell’insolita telefonata che El Che fece a mio nonno Salvador, avvenuta durante la loro collaborazione lavorativa ma forse prima della questione condizionatori, lui non ricorda più esattamente tutto il suo contenuto, ma si ricorda che il giorno dopo, a lavoro chiese al segretario del leader rivoluzionario, che seguiva El Che come un’ombra, un tale di cognome Manresa, perché non fosse stato lui a chiamare, dato che, di qualunque cosa si fosse trattato, era stata, in fondo, una semplice questione lavorativa e non un qualcosa di estrema urgenza (mio nonno assicura che altrimenti se lo sarebbe ricordato!) e Manresa gli confessò che sì, normalmente sarebbe stato lui a chiamarlo, ma che in quell’occasione, per qualche ragione anche a lui oscura, El Che ci aveva tenuto a chiamare personalmente. Beh, è lecito pensare che un liberatore di popoli come Guevara facesse in modo di avere dei contatti con il suo popolo liberato. A questo punto della storia è probabile che non sapremo mai il contenuto esatto di quella telefonata, ormai è entrata nel mito che circonda anche l’argentino stesso, ma a noi rimane senz’altro l’aneddoto di mio nonno sull’attenti, da solo, in casa sua, davanti alla poltroncina del telefono che ogni tanto ci giochiamo alle cene per fare colpo sui nostri ascoltatori (cosa che non sto certo cercando di fare con voi adesso, gentili lettori e lettrici).
Per onore di cronaca, sappiate che a progetto concluso e consegnato, mio nonno riconsegnò diligentemente anche i due condizionatori, pronti anche loro per essere nazionalizzati.
- Pronto?
- Buonasera, cercavo l’architetto F.
- Chi lo cerca?
- Il Che. State parlando con il Che.
- ...
- ...
- Caaaaachu (soprannome di mio nonno per i più intimi), un coglione che dice di essere il Che vuole parlare con te.