Un giorno, come molto spesso accadeva, la mia bisnonna Adelina e sua sorella Rosa, ovvero la mamma e la zia di mio nonno, per pranzo decisero di prepararsi un potaje de chicharos, ovvero una zuppa di piselli spezzati. Questo piatto è uno dei principali della cucina cubana e sarebbe tradizionalmente preparato mettendo a soffriggere della pancetta e del chorizo, un tipo di salsiccia di maiale, aggiungendo della cipolla e facendola cuocere fino a che non diventa morbida, dell’aglio, erbe aromatiche e spezie (fra le quali non può mancare il cumino), e infine il brodo. Quando il tutto bolle, si aggiungono i piselli spezzati e si lascia che i legumi cuociano e che la zuppa si addensi.
Di tutti gli ingredienti che tradizionalmente compongono questa zuppa, gli unici che sono certa che mia nonna e mia zia avessero in casa, sono i piselli spezzati. Cos’altro avesse insaporito il loro pranzo post crollo dell’unione sovietica, non lo si potrà mai sapere. Una cosa certa è che a Cuba i legumi hanno sempre fatto parte della tradizione culinaria locale, sia perché di facile conservazione, sia perché erano parte integrante della dieta dei primi coloni spagnoli e di quelli arrivati nei secoli successivi; fra i più popolari ci sono sempre stati i fagioli neri, quelli “colorati” (come si chiamano a Cuba), i ceci e appunto i piselli spezzati. Negli anni ’90 però i legumi sono diventati vitali per gran parte della popolazione, perché ogni altro alimento, soprattutto di breve conservazione come la carne, non era facilmente reperibile e la gente si ritrovava a sognare di mangiare manzo pure di notte. Il potaje de chicharos in sé quindi è molto buono, ma la scelta di cucinarlo non era tanto dettata dalla voglia di mangiare piselli spezzati quanto dalla mancanza di altro.
Una volta finito di pranzare con il suo piatto di abbondante zuppa, abuela Adelina comincia a leggere il giornale cubano, El Granma. In quel periodo i mezzi d’informazione riportavano spesso messaggi d’incoraggiamento per la popolazione da parte del Líder Máximo, che non negava che il paese dovesse affrontare “una situazione di approvvigionamento sommamente difficile, forse la più difficile della sua storia” ma spiegava che tutto questo succedeva semplicemente perché Cuba era rimasta da sola davanti all’impero (leggasi gli Stati Uniti, le potenze capitaliste) e che non per questo l’isola si sarebbe arresa e sarebbe tornata alla schiavitù, forse un popolo codardo avrebbe potuto farlo, ma non certo un popolo valoroso, dignitoso e patriottico come quello cubano, quello mai si sarebbe arreso e mai sarebbe tornato alla schiavitù. Parola del comandante.
Durante la lettura, dunque, curiosamente la bisnonna Adelina si imbatté in un articolo in cui per l’appunto si elogiava il fatto che l’apporto proteico di un piatto di chicharos equivale a quello di una bistecca. Ora, facendo una rapida ricerca si scopre che a livello tecnico non è falso: per 100gr di piselli spezzati circa 22 sono di proteine mentre per 100gr di carne di manzo le proteine sono circa 28; se poi si prende in considerazione l’apporto proteico della carne di pollo, il valore si avvicina ancora di più a quello dei piselli, cose che vegetariani e vegani sanno bene. Ciò non toglie che la lettura dell’articolo sorprese la bisnonna Adelina, che non mangiava carne ormai da diverso tempo, e non per sua scelta. Com’era possibile che il manzo e i piselli contenessero le stesse proteine? Non erano mica la stessa cosa una mucca e una pianta di piselli. Inizialmente si sentì un po’ presa in giro, non credeva davvero che potesse essere un fatto certo! Ma abuela Adelina, a differenza di tía Rosa, aveva un’indole piuttosto gioviale e scherzosa e fu il suo senso dell’umorismo a prevalere sulla desolante realtà dei pasti cubani degli anni ’90. Infatti, finito di leggere l’articolo, chiamò ad alta voce la sorella e le disse: “Rosa, hai visto cosa dice il giornale? A quanto pare oggi ci siamo mangiate una bella bistecca e non lo sapevamo neanche!”
Buenísimo Fabi, complimenti.
😅😅😅, así mismo Fabi, en ser vegetarianos somos pioneros 😅